Due dipinti di Nicola Cacciapuoti a Qualiano (e una Madonna del Rosario solimenesca)
Giulio Santagata
La decorazione pittorica della chiesa parrocchiale di Santo Stefano a Qualiano, antico casale di Aversa, comprende due dipinti riferibili con certezza al pittore giuglianese Nicola Cacciapuoti e una Madonna del Rosario di bottega di Francesco Solimena[1].
1. Lapidazione di Santo Stefano
La tela raffigurante la Lapidazione di Santo Stefano (fig. 1),incastonata nel soffitto ligneo, avrebbe potuto essere restituita a Nicola Cacciapuoti da tempo, se solo ci si fosse accorti della presenza della firma del pittore nel bordo inferiore del dipinto[2].
Sebbene frammentaria e visibile per metà perché seminascosta dalla cornice mistilinea, la firma è infatti chiaramente decifrabile nella parte finale del cognome: […]apuoti; il confronto con le firme note del pittore, d’altra parte, non lascia dubbi: la grafia è assolutamente identica (figg. 2-4).
L’iconografia è quella consueta, derivante dal racconto lucano (Atti degli Apostoli, 7,4 – 8,1): in basso, Stefano viene lapidato alla presenza del giovane Saulo; in alto, l’apparizione di Gesù in gloria. L’unica variante è la presenza di san Francesco e santa Chiara alla sinistra di Cristo[3]. Per quanto riguarda il punto di stile, il riscontro più convincente è quello con la tela raffigurante la Risurrezione di Cristo dipinta nel 1736 da Nicola Cacciapuoti per la volta della sacrestia della chiesa collegiata di Santa Sofia a Giugliano (fig. 5), memore nel suo sviluppo verticale del dipinto di analogo soggetto dipinto da Francesco Solimena per la Cappella del Belvedere a Vienna su commissione del principe Eugenio di Savoia (1720 circa)[4]. È probabile quindi che l’opera qualianese sia stata eseguita mentre era parroco di Santo Stefano don Blasio Cacciapuoti, il cui mandato durò dal 1717 al 1738.
Del pittore e decoratore Nicola Cacciapuoti, probabilmente nato a Giugliano nei primi anni del Settecento e attivo dagli anni Venti ai Sessanta, resta nella capitale e in numerose località del Regno di Napoli un cospicuo catalogo di opere che mostrano una chiara adesione iniziale ai modi di Paolo De Matteis e un progressivo avvicinamento alla maniera di Francesco Solimena e dei suoi seguaci[5]. Nell’ambito della diocesi di Aversa, spiccano le opere eseguite per la sua città natale, confinante con Qualiano, nella collegiata di Santa Sofia e nella chiesa dell’Annunziata.
2. San Giuseppe con Gesù Bambino e anime del Purgatorio
Il secondo dipinto che deve essere assegnato con certezza a Nicola Cacciapuoti è la tela raffigurante San Giuseppe con Gesù Bambino e anime del Purgatorio (fig. 6), collocata sopra la porta d’accesso alla navata destra della chiesa[6].
Si tratta di una variante molto fedele della Madonna del Carmelo e anime del Purgatorio della cattedrale di Ugento (fig. 7), attribuita al pittore giuglianese da Mario Alberto Pavone nel 1977[7]. Stefano Tanisi ha recentemente confermato l’attribuzione di questo dipinto al Cacciapuoti sulla base del confronto con la Madonna del Rosario e Santi della cattedrale di Monopoli, opera documentata nel 1748 (fig. 8): «I due dipinti hanno in comune, oltre l’intonazione coloristica e il modo di percepire le forme e volumi, l’utilizzo degli stessi disegni preparatori o cartoni, come possiamo ben notare nella figurazione di due ignude anime purganti che ci appaiono sorprendentemente identiche»[8]. La tela di Qualiano differisce sostanzialmente da quella di Ugento solo nelle due figure principali: nel dipinto pugliese a intercedere per le anime del Purgatorio non è il padre putativo di Gesù ma sua madre, la Vergine Maria. Manca un gruppo di angeli in alto a destra, essendo San Giuseppe collocato perfettamente al centro della composizione, ma le altre figure sono sovrapponibili.
3. Madonna del Rosario
Un altro dipinto notevole della parrocchia di Santo Stefano è la Madonna del Rosario collocata sopra la porta d’accesso alla navata sinistra, ma verosimilmente proveniente dalla Cappella della Confraternita del Rosario, un tempo adiacente alla parrocchia (fig. 9)[9].
L’appartenenza dell’opera all’ambito di Francesco Solimena è evidente, ma è arduo individuarne con precisione l’autore all’interno della fitta schiera degli allievi e seguaci del maestro di Canale di Serino[10]. Pressoché identica al dipinto di analogo soggetto attribuito a Solimena in collezione De Chiara De Maio a Solofra (fig. 10)[11], la tela qualianese deriva alla lettera dal bozzetto di Solimena custodito nel Museo Civico di Teramo (fig. 11), che secondo Ferdinando Bologna doveva servire da modello per una pala d’altare del 1720 circa, non ancora identificata[12]. Che sia proprio la tela di Qualiano il dipinto in questione?
Una variante contraddistinta da una maggiore complessità compositiva è la Madonna del Rosario, firmata e datata, eseguita da Solimena nel 1728 per la chiesa del convento di Sant’Anna a Nocera Inferiore in omaggio alle sue quattro nipoti monache che vi dimoravano (fig. 12)[13].
© Testo e foto di Giulio Santagata
In copertina: Particolare della miniatura di San Matteo nell’Evangelario di Ebbone – (se si condivide l’articolo indicare le fonti).
[1] Se si esclude la tela sull’altare maggiore raffigurante la Madonna del Carmelo e Santi, di cui si è occupato F. Pezzella, Restaurata la pala del Carmine nella chiesa di Santo Stefano a Qualiano, in “Aversa Sette”, supplemento di “Avvenire”, 25 febbraio 2001, p. 3, reperibile anche online all’indirizzo http://www.iststudiatell.org/p_ext/articoli_pezzella/ 2001_Pezzella.pdf, gli altri dipinti, a meno che non abbia preso una svista, sono praticamente inediti.
[2] Citata solo da G. Sabatino, Civiltà contadina a Qualiano, Giugliano 1995, pp. 35, 36: «In merito alle quattro tele di ignoti presenti nella chiesa, bisogna aggiungere che, a giudizio di esperti restauratori della Pinacoteca di Capodimonte di Napoli, sono di ottima fattura artistica e ad un primo esame si possono attribuire alla scuola napoletana di Luca Giordano, se non allo stesso maestro», e M. Di Mauro, In viaggio. La Campania. Ricerche e attribuzioni alla scoperta delle opere e degli artisti, Napoli 2009, p. 81, che non poté vederla perché «attualmente in deposito». La tela fu restaurata proprio nel 2009 dalla ditta Di Palma Restauri.
[3] La presenza di san Francesco e santa Chiara, ritratti anche nella pala dell’altare maggiore, si spiega considerando che Qualiano dal 1340 al 1805 è stata un feudo del monastero napoletano di Santa Chiara, cfr. G. Sabatino, Ipotesi storico-urbanistiche sull’origine e sullo sviluppo della città di Qualiano, Frattamaggiore 1986, pp. 5-6, 15-16.
[4] Cfr. M.A. Pavone, Pittori napoletani del primo Settecento. Fonti e documenti, 1997, p. 233.
[5] Cfr. Pavone, Pittori napoletani del primo Settecento. cit.,pp 233-234; Idem, Pittori napoletani della prima metà del Settecento. Dal documento all’opera, Napoli 2008, pp. 248-251; C. Russo (a cura di), Nicola Cacciapuoti, pittore giuglianese del Settecento. catalogo della mostra, Giugliano 2009.
[6] Olio su tela, cm 250 x 150. Menzionata solo da Sabatino, Civiltà contadina a Qualiano, cit., p. 36 (ignoto del XVIII secolo), e Di Mauro, In viaggio, cit., p. 81, che la ritiene seicentesca. Non si tratta della collocazione originaria dell’opera: le navate laterali della chiesa, infatti, sono state aggiunte solo negli anni Novanta dell’Ottocento, ad opera del canonico Antonio Migliaccio, cfr. F. Germani, Una quercia annosa, Napoli 1982, pp. 31ss.,
[7] Cfr. Pavone, Pittori napoletani del primo Settecento. cit.,p 233.
[8] S. Tanisi, Pittori e dipinti su tela, tra il XVII e il XIX secolo, a Ugento, in S. Cortese (a cura di), La fede e l’arte esposta. Catalogo del Museo Diocesano di Ugento, Ugento 2015, p. 44. Sul dipinto di Monopoli, cfr. Russo, Nicola Cacciapuoti, cit., pp. 28-29. Il gruppo delle anime purganti è ripreso anche nella tela centrale del soffitto della chiesa di San Paolo Eremita a San Paolo Bel Sito, firmata e datata 1751.
[9] Olio su tela, cm 250 x 140. Menzionata solo da Sabatino, Civiltà contadina a Qualiano, cit., p. 36 (ignoto del XVIII secolo), e Di Mauro, In viaggio, cit., p. 81, che la ritiene seicentesca. La tela è stata restaurata nel 2015 dalla Nova Ars Conservazione e Restauro Beni Culturali Sas di Cesinali (Av).
[10] Secondo l’autorevole parere dello studioso Enrico De Nicola, la tela è sicuramente sortita dall’atelier del Solimena, opera del maestro o eseguita da un allievo sotto la sua supervisione (comunicazione orale). A suo avviso, sarebbe possibile accertarlo con relativa sicurezza solo attraverso un esame molto ravvicinato dell’opera e indagini diagnostiche.
[11] Cfr. V. De Luca (a cura di), Monne e Madonne. Il corpo e le virtù femminili. Dipinti e sculture dalla Collezione della Fondazione De Chiara De Maio, catalogo della mostra, Napoli 2021. Un bozzetto delle due versioni di Qualiano e Solofra è custodito nella Pinacoteca Civica di Teramo.
[12] Cfr. F. Bologna, Francesco Solimena, edizione a cura di Roberto Nicolucci, Napoli 2022, p. 272.
[13] Cfr. Pavone, Pittori napoletani del primo Settecento, cit., p. 155.