Omicidi d’Amore: l’erotismo di Georges Bataille
RUBRICA – DOSSIER
Quando si parla delle donne vittime di omicidi da parte di maschi che si dichiaravano innamorati di loro, si tira sempre in mezzo la visione maschilista della donna come oggetto e possesso. Che è indubbiamente una parte del problema ma, altrettanto indubbiamente, non tutto il problema. Facciamo fatica a considerare la morte e l’uccisione come conseguenza – eccesso deviato che può avere come vittima l’oggetto del desiderio, uomo o donna che sia – di un movimento originariamente d’amore, tant’è vero che pretendiamo dai giornalisti di non usare espressioni come “omicidi di amore” nel tentativo di dissolvere ogni ambiguità di relazione tra amore e morte. Tutto giusto e ammirevole, ma le cose umane, al solito, non sono mai così lineari e scavando le questioni nel profondo, il profondo ci guarda e ci interroga.
Leggendo il fondamentale saggio che Georges Bataille – pensatore non troppo di moda oggi, amico dei surrealisti, degli etnografi francesi e di Jacques Lacan – dedicò all’erotismo, è possibile inquadrare il ruolo dell’eros nella storia umana in modo molto meno rassicurante di come vorremmo (ben)pensarlo oggi. L’erotismo – scrive Bataille – è l’approvazione della vita fin dentro la morte, un elemento fondante di ogni civiltà e cultura umana. In quanto tale ha a che fare con la bellezza, sì, ma anche con lo sporco e lo scabroso, con il sacro e con il mistico, con i divieti e le trasgressioni, con il desiderio folle, con i movimenti di vita e, nei suoi eccessi, con quelli di morte. Bisognerebbe riscoprirlo, questo saggio – peraltro anche molto bello dal punto di vista letterario giacché Bataille era uno scrittore evocativo e potente – per capire un po’ meglio, e in modo meno banale, anche ciò che ci fa orrore e ci ripugna.
© Testo di Salvatore Setola
In copertina: Georges Bataille intento a lavorare – (se si condivide l’articolo indicare le fonti).