Il Monte di maritaggio di Tommaso Gargano
PUNTI DI VISTA: I FOCUS DEL CENTRO STUDI NORMANNI
(a cura di Pasquale Federele – Responsabile Servizio Archivio e Editoria)
Entrando nella Chiesa del SS. Salvatore a Casal di Principe, sul primo pilastro a destra, troviamo un’epigrafe in marmo del 1604. La lastra, in un italiano antico, racconta dell’istituzione di un “Monte di maritaggio” per lascito testamentario del barone di Casal di Principe, Tommaso Gargano, e per un’ulteriore donazione del fratello, Pietro Antonio Gargano.
Si trattava di un “legato pro anima”, cioè una disposizione testamentaria che conteneva tutti gli atti a favore dell’erede con l’imposizione di un modus che lo vincolava ad erogare somme e a svolgere attività per fini religiosi o di culto. Nel XVII sec. era ancora molto diffusa la convinzione di investimento spirituale “pro rimedio animae”.
Secondo la studiosa Rossella Del Prete sembrerebbe «che alla radice dell’interesse del benefattore per le fanciulle povere vi fosse anche il controllo della fecondità femminile, richiamato dalla condizione indispensabile alla elargizione di doti di maritaggio, ossia lo stato di verginità delle fanciulle». Del resto sia il Concilio di Trento sia l’etica protestante avevano inteso la sessualità non peccaminosa soltanto all’interno del matrimonio e finalizzata alla procreazione.
Nei maritaggi però, al centro dell’attenzione restava sempre l’anima del benefattore; in genere prima dell’inserimento dei nomi delle candidate nella bussola le fanciulle «avrebbero dovuto – secondo gli studi di Del Prete – assistere, confessarsi e comunicarsi, prendere le indulgenze dalla Chiesa ed applicarle poi in suffragio dell’anima del loro benefattore e dei suoi familiari».
A Casal di Principe annualmente una fanciulla riceveva il beneficio del maritaggio. C’erano però dei criteri da rispettare: le fanciulle avevano tra i 13 e i 30 anni, anche se non mancavano casi di assegnazione a donne mature; spesso si sceglievano ragazze molto povere, orfane o provenienti da famiglie numerose. In parrocchia sono gli “Status Animarum” a certificare questo spaccato socio-economico, in appendice in quello redatto da Nicola Di Virgilio (parroco dal 1756 al 1776) sono riportati: anni del beneficio, nomi e cognomi delle ragazze, nomi di battesimo dei loro sposi e date dei matrimoni.
© Testo di Angelo Cirillo
In copertina: Veduta del tetto e della cupola della chiesa del SS. Salvatore a Casal di Principe – (se si condivide l’articolo indicare le fonti).