“To the Opera”, Watson!

“To the Opera”, Watson!

RUBRICA – SPARTITI SVELATI

(a cura di Cesario Cesaro)

Dopo Beethoven non potevo che continuare con Wolfgang Amadeus Mozart. Sono compositori così lontani da noi da sembrare quasi inadatti ad entrare, con la loro musica, nella nostra quotidianità. Per dimostrare invece quanto siano vicini a noi vi parlerò di un “incontro” artistico molto particolare: quello avvenuto tra Hans Zimmer e Mozart.

Purtroppo i due non si sono conosciuti di persona, ma sono sicuro che il Maestro di Salisburgo avrebbe apprezzato le doti compositive e le originali mistioni sonore del nostro Hans. Nel film “Sherlock Holmes – Gioco di ombre del 2011” vediamo cosa significhi prendere capolavori già esistenti ed adattarli nella storia che si va a raccontare, specialmente se queste musiche vengono integrate non solo con l’accompagnamento musicale del film, ma con la narrazione stessa.

A chi può storcere il naso pensando ad una profanazione di un’opera indubbiamente assoluta, si può far presente come è da sempre pratica corrente nei film accorciare o adattare musiche famose per farle corrispondere perfettamente al ritmo delle scene e al montaggio

Questo è proprio quello che accade nel brano “To the Opera” dove Zimmer, in maniera tanto geniale quanto elegante, utilizza un insieme ben equilibrato di diversi passaggi del “Don Giovanni” di Mozart: “Ultima Prova”, “Ah, Signor per carità” e “Don Giovanni a cenar teco”. La scena ambientata a teatro è un crescendo di tensioni, un susseguirsi di immagini ricche di pathos, dove la musica partecipa attivamente alla scena. Inoltre il sincronismo tra suono ed immagine dà la sensazione che quei suoni siano già presenti in maniera “naturale” nella scena. È un po’ come il guardare un panorama mentre si ascolta musica dalle cuffie, la parte visiva e quella sonora sembrano fondersi fino a diventare un tutt’uno.

Tutto questo ci mostra come musiche apparentemente lontane abbiano un grande valore ancora oggi. L’attualizzazione, il suo “diventar nostra risulta quindi una prerogativa per l’immortalità di un’opera, anche se già di per sé assoluta. Forse questo espediente, utilizzato magistralmente da Zimmer, può essere un modo per avvicinare un po’ tutti a questa musica che, pur essendo fuori dal tempo, vive con noi e tra noi, continuando a fare la storia nelle sue infinite metamorfosi, pur restando, in fondo, sempre sé stessa.

© Testo di Cesario Cesaro
(se si condivide l’articolo indicare le fonti).

Centro Studi Normanni

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