La villa di Casapascata
RUBRICA – I CASALI SCOMPARSI DI AVERSA
Sebbene conosciamo l’ubicazione della villa di Casapascata (tra i comuni di Caivano e di Orta di Atella) non ci resta alcuna traccia materiale del suo centro abitato. Nel 1983, per costruire il centro di depurazione dei Reggi Lagni, è stata demolita anche l’ultima traccia dell’antica borgata: i resti della chiesa di Santa Maria al Paradiso.
Già sul finire del XVIII sec. la chiesa doveva essere semi-abbandonata servendo solo come cappella rurale. In un documento dell’epoca è trascritto un episodio del 1525 in cui il barone Francesco Seripando di Casapuzzano riesce ad ottenere da papa Clemente VII il giuspatronato di Santa Maria al Paradiso dopo essersi impegnato per restaurarla e dotarla di una rendita per il cappellano.
Per quanto riguardo il toponimo “Casapascata“, sulla base di uno studio del sacerdote ed erudito Alessandro Lampitelli, possiamo dire che il nome è un evidente richiamo alla vocazione pastorizia di questo antico insediamento. In latino infatti il sostantivo “pascua” è usato per indicare un pascolo di bestiame e nell’alto Medioevo la parola è mutata in “pascura”. Questa tesi è abbastanza convincente, anche alla luce delle informazioni documentarie in nostro possesso secondo cui gli ultimi abitanti, abbandonato il villaggio, si siano trasferiti nella vicina Pascarola (la cui etimologia quindi sarebbe ricollegabile a motivazioni analoghe).
Tra gli studiosi che si sono dedicati al casale di Casapascata sia Gaetano Parente che Bruno D’Errico riportano la citazione di Pietro Diacono <<villa Casapascate in Liburia in Gualdu, quam donavit S. Benedicto Vilmundus della Afabrola anno MCV>> che ne è forse la testimonianza più antica. Nel 1266, nel “Codice di San Biagio” è ancora citata “Casapasquate” poiché, per estinguere un debito, il monastero benedettino di Aversa è costretto a vendere alcune terre, tra cui proprio una posta nel luogo denominato <<via Casapasquate>> ed un’altra nel sito detto <<starcitella Casapasquate>>. Sempre in merito al monastero di San Biagio lo storico Alfonso Gallo, nel suo libro “Il cartario di S. Biagio di Aversa”, menziona null’altro episodio: quando nel 1149 la moglie Rainaldo di Caivano, Bianca, dona alle monache una terra <<quo dicitur Casapachi>>.
Ma se Parente e Gallo ci confermano l’esistenza della villa di Casapascata nel periodo bassomedioevale ed i relativi documenti che la citano, senza però porsi ulteriori domande, è lo studio recente di D’Errico a chiarirci le idee riguardo alla villa di Casapascata. In particolar modo ci vengono esplicitate le possibili cause della sua decadenza già intorno alla metà del XV sec.
I registri Angioini costituiscono una fonte preziosa per tutti gli studiosi – come il nostro D’Errico – che intendono conoscere l’assetto politico ed economico del regno di Napoli. Da un registro veniamo a sapere che agli inizi del XIV sec. re Roberto d’Angiò, detto “il Saggio”, dona il feudo di Casapascata a sua moglie, Sancia di Maiorca, e che le stesse rendite sono adoperate dalla regina per fondare tre importanti monasteri francescani di Napoli: Santa Chiara, Santa Maria Egiziaca e Santa Maria Maddalena.
La regina Sancia di Maiorca prima di morire, con atto del 17 Gennaio 1344, lascia al monastero di Santa Maria Maddalena il villaggio e le terre di Casapascata. La donazione viene poi riconfermata nel 1345 dalla nipote Giovanna I d’Angiò insieme con di altri beni e con l’esenzione del monastero da ogni tipo “prestazione feudale”. Da parte di Bruno D’Errico è data grande importanza a questa donazione della regina Sancia poiché è effettivamente <<il documento più diffuso che descrive i beni di Casapascata del monastero, ma è anche l’ultimo documento che cita questo luogo come abitato, in quanto circa 170 anni dopo Casapascata risultava non esistere più come villaggio e la chiesa di S. Maria al Paradiso era ridotta ad una semplice cappella rurale>>.
A dimostrazione di ciò lo studio di D’Errico menziona ancora una volta un registro, si tratta della rendicontazione dei beni del monastero di Santa Maria Maddalena dell’anno 1535. Qui è riportato il casale di Casapascata come “desabitato” ed è anche citato l’episodio, preso in considerazione anche da Lampitelli, secondo cui gli ultimi abitanti si sarebbero trasferiti nella vicina Pascarola. Il registro delle monache di Santa Maria Maddalena costituisce certamente una fonte documentaria preziosa sul casale testimoniando sia il suo graduale abbandono (a metà del XVI sec. doveva essere ormai definitivamente disabitato) sia la presenza della sola ex parrocchia del villaggio come chiesa diroccata.
© Testo di Angelo Cirillo
In copertina: La villa di Casapascata nella carta della diocesi di Aversa di Vincenzo Fioravanti del 1772 – (se si condivide l’articolo indicare le fonti)