La Confraternita di Santa Marta minore, detta “di Santa Martella”
RUBRICA – DIVINI DEVOTI
Nel cuore del centro storico di Aversa, all’angolo tra Strada Santa Martella e Vicolo Santa Martella, troviamo una chiesa del XIV sec. che è appunto conosciuta come “Chiesa di Santa Martella“. Questo nome sarebbe usato dagli aversani per indicare proprio il titolo della chiesa “di Santa Marta minore“. Questa è detta “minore” per distinguerla dalla vicina chiesa di Santa Marta maggiore (un tempo parrocchia normanna).
Oggi l’edificio religioso è usato come sede della Sottosezione di Aversa dell’U.N.I.T.A.L.S.I. ma un’iscrizione sul portale d’ingresso, ancora leggibile, ci rivela la sua originale destinazione d’uso: era la sede di una congrega di Santa Marta. Infatti la scritta nera su carteggio bianco recita “CONFRATERNITA DI SANTA MARTA MINORE” ed è forse una delle ultime testimonianze del sodalizio che ancora oggi possiamo trovare in questa chiesa.
La Confraternita di Santa Marta minore, della quale non conosciamo la data di fondazione, è riportata nella Santa Visita del vescovo Pietro Ursino del 1597. Da documenti d’archivio sappiamo che nel 1763 ricevette il “Reggio assenso” da parte di re Ferdinando IV di Borbone e, nel Febbraio dello stesso anno, fu riconosciuta con decreto del vescovo di Aversa, Giovanni Battista Caracciolo di San Vito. Dalla testimonianza di Gaetano Parente sulla chiesa di Santa Marta minore intuiamo che si trattava di un “sodalizio misto“, nel senso che potevano farne parte sia gli uomini sia le donne. Infatti lo storico aversano riportò nella sua opera una delle iscrizioni lapidarie conservate nella chiesa <<PRO SORORIBUS>>, un chiaro riferimento al ramo femminile della congrega.
La chiesa e la congrega erano amministrate da laici, i confratelli quindi eleggevano direttamente tra gli ascritti al sodalizio i propri officiali. Dalle relazione dei parroci del 1777-1778, volute dal vescovo Niccolò Borgia per il Tribunale Misto del Regno di Napoli (un organismo istituito a seguito del concordato tra Chiesa e Regno di Napoli anche per la gestione economica dei luoghi pii), sappiamo che la confraternita aveva tre amministratori: era retta da un priore, in quel momento il Magnifico Antonio Girone, che era coadiuvato da un assistente, Aniello Grasso, e da un “borziere” o economo, Vincenzo Grasso.
Anche gli ecclesiastici partecipavano alla vita della Confraternita di San Marta minore ma non avevano particolari prerogative e si limitavano a svolgere le funzioni di assistenza religiosa dei confratelli: predicare, celebrare messa e confessare. Dobbiamo ricordare che nel XVIII sec. molti luoghi pii e congreghe erano “de facto” autonomi, anche dall’autorità del vescovo, e quindi succedeva che per evitare ingerenze (in special modo dei parroci) i religiosi stipulassero un vero e proprio “contratto di servizio” che definiva compiti ed emolumenti dal momento della loro ammissione ai sodalizi laicali.
Questa partecipazione, sia laica che ecclesiastica, continuò anche nei secoli successi, tanto che negli anni ’50 del XX sec., quando Roberto Vitale redasse “Quasi un secolo di storia aversana“, il padre spirituale era addirittura uno degli ebdomadàri della Cattedrale di San Paolo, don Domenico Fristachi. In quel tempo la confraternita era ancora “numerosa“, testimonia Vitale, tanto che, durante il mandato del priore Nicola Baiano, si fece carico della realizzazione di una statua di Santa Marta (ancora oggi esposta nella chiesa) sulla base della pala dell’altare maggiore del pittore aversano Carlo Mercurio (oggi esposta nella II Sezione del Museo Diocesano presso il Seminario vescovile di Aversa).
Dobbiamo al sodalizio l’ultimo intervento di restauro della chiesa prima della sua dismissione come edificio di culto. I confratelli, in virtù di antiche consuetudini della città di Aversa, partecipava alle processioni per la festa della Conversione di San Paolo e del Corpus Domini (a differenza della vicina Confraternita della Purificazione della Beata Vergine Maria, detta “Congrega di Santa Marta maggiore“, che invece non prendeva parte ai cortei). Ma nonostante l’antichità delle tradizioni ed il gran numero di ascritti la confraternita, a partire dagli anni ’60 e ’70 del XX sec., iniziò a perdere la propria “forza” per poi estinguersi.
Per quanto riguarda l’abito del sodalizio, secondo Nello Ronga si trattava di una “Congregazione cappucciata” che quindi indossava oltre che il sacco o camice anche il suggestivo cappuccio per mascherare il volto dei confratelli. Della Confraternita di Santa Marta minore sono ancora conservati gli scudi di seta, che riproducevano l’immagine di Santa Marta con il leggendario drago al guinzaglio della mano destra e l’aspersorio nella sinistra. Una chiara riproduzione del soggetto della famosa pala d’altare di Carlo Mercurio e quindi anche della statua novecentesca della Santa.
© Testo di Angelo Cirillo
In copertina: Particolare del portale della chiesa di Santa Marta minore ad Aversa – (se si condivide l’articolo indicare le fonti).