La vendetta immaginaria di Luca Signorelli

La vendetta immaginaria di Luca Signorelli

RUBRICA – DOSSIER

(a cura di Salvatore Setola)

<<Figliola non andare coi cantautori – cantava Flavio Giurato – che poi finisci nelle canzoni>>. Ma pure coi pittori rinascimentali non c’è da stare tranquilla che ti va anche peggio e magari ti ritrovi raffigurata tra i dannati dell’inferno. Nel gorgo di nudi terribili e maestosi che Luca Signorelli affrescò su una parete del duomo di Orvieto, ricorre la figura di una giovane donna bionda dannata. La ragazza è inseguita dai demoni, tirata per i capelli, morsa a un orecchio, rapita e fustigata da questi esseri immondi.

Sono donne diverse in realtà ma hanno tutte lo stesso volto. Quello di una ragazza con la quale probabilmente – riportano fonti dell’epoca – il pittore aveva avuto una storia, si suppone, finita così malamente da spingerlo non solo a ritrarre lei come epitome della dannazione, ma addirittura a provare il brivido sadico di ritrarre se stesso nel demone blu con un solo corno che la tormenta.

No, non è per niente edificante che Luca Signorelli abbia scelto una forma così subdola e umiliante di vendetta personale, facendo leva sul potere immaginifico della sua arte, ma questo non lo rende un artista meno grandioso. L’arte non è un predicozzo in prima serata sul rispetto della donna o un post delle sardine contro qualsiasi tipo di violenza. Anzi, non molto di rado è l’esatto contrario: sublimazione, nella finzione illusionistica, di impulsi irrazionali e malsani che restando nel mondo delle immagini scongiurano di sconfinare nella vita reale.

Ogni rappresentazione “moderna“, in fondo, è rappresentazione di demoni: un vero artista ha anche il dovere di farsi spavento.

© Testo di Salvatore Setola
In copertina: Affresco dei “Dannati all’Inferno” di Luca Signorelli – (se si condivide l’articolo indicare le fonti).

Centro Studi Normanni

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